Le frontiere inesplorate dell'agricoltura biodinamica

In Italia l’agenda politica varia continuamente. Argomenti di cui si parla per giorni, d’improvviso scompaiono da telegiornali e talk show per poi riapparire quasi inaspettati. Un tema che sembra essere destinato a questo tipo di rilevanza altalenante è senz’altro quello della coltivazione transgenica. Da decenni scienziati, ministri e persino filosofi si pronunciano sulla tanto discussa bontà dei famosi Ogm (Organismi Geneticamente Modificati). Ultimamente il ministro dell’Agricoltura, Clini, ha rilasciato dichiarazioni d’apertura in merito proprio alla coltivazione transgenica, facendo intendere che se non si percorre questa strada si rischia di rimanere indietro dal punto di vista agricolo, e quindi economico.

Abbiamo consultato Marina Mariani, agronoma e docente da oltre ventisette anni di Legislazione sanitaria al Politecnico del Commercio di Milano, la quale ci parla di Ogm e del suo nuovo progetto agricolo.

Innanzitutto cosa pensa in merito alle recenti aperture del governo sugli Ogm?

Non penso che si percorrerebbe la strada giusta seguendo la coltivazione transgenica.  In questo ambito troppo spesso si antepongono opinioni personali a dati scientifici, ma ho il piacere di annunciarle in anteprima che nel giro di un paio di mesi verranno pubblicate in Italia tutte le traduzioni degli studi che sono stati fatti all’estero dimostranti chiaramente che gli Ogm fanno male alla salute. Così non ci sarà più la scusa della scarsa chiarezza al riguardo, ed anche chi mastica poco l’inglese potrà avere accesso a questi dati.

Professoressa ma allora come mai continuiamo a puntare verso questa direzione? Quali sono gli interessi?

Si tratta proprio di interessi economici ed accordi stipulati con le aziende sementiere. È tutta una questione di profitti, ma la cosa che più mi preoccupa è che l’opinione dei cittadini non venga affatto ascoltata. Ogni volta che si è chiesto alla gente cosa ne pensasse sugli Ogm, si è sempre riscontrato un netto rifiuto, ma sembra che nemmeno in campo politico importi dell’opinione dei consumatori, e questo è molto preoccupante.

Sappiamo che ormai per gli Stati membri, molte decisioni in merito alla questione alimentare vengono prese a livello europeo. Come si comporta l’Ue da questo punto di vista?

La situazione è molto complessa. Mi viene in mente un episodio successo qualche anno fa quando una commissaria europea che era a capo di un progetto che doveva decidere in merito all’approvazione degli organismi modificati, poco dopo venne assunta dalla Monsanto, una delle più grandi multinazionali sementiere. Questo è emblematico. Basti pensare che l’Efsa (agenzia europea per la sicurezza alimentare), che è chiamata a pronunciarsi sull’effettiva sicurezza delle sementi geneticamente modificate, non ha un laboratorio proprio: si basa sui rapporti redatti dalle multinazionali, che ovviamente sono di parte. È come chiedere all’oste se il suo vino è buono.

Lei ha deciso di proporre un’alternativa alla coltivazione transgenica. Cosa ci dice sul progetto “I Kaki nostri”?

Come sappiamo tutti, la pianta dei cachi nasce in Cina, quindi non è autoctona, però ormai è diventata nostra, essendo abbastanza diffusa a livello nazionale, (senza considerare tutte le varie modifiche che han portato ai cachi vaniglia, cachi cacao ed altri) ed io mi sono posta il problema di verificare i risultati della cosiddetta tecnica agricola biodinamica proprio sulla pianta del kako.

Ecco, in cosa consiste questo approccio basato all’agricoltura biodinamica?

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, è un approccio  completamente diverso rispetto all’agricoltura biologica, in quanto in agricoltura biodinamica non si usano veleni di alcun tipo, nemmeno quelli di origine naturale. Per esempio, in agricoltura biologica si utilizza il rame per le viti, piuttosto che la calce, o alcuni insetticidi basati su sostanze naturali, ma pur sempre velenose. Invece l’agricoltura biodinamica adotta tutta una serie di pratiche che permettono di escludere totalmente l’impiego di veleni, e questa è una rivoluzione, ma una rivoluzione che in realtà non ha niente di nuovo, in quanto nasce ai primi del ‘900. Si ritorna al vecchio in un certo senso.

Lei ha condotto proprio esperimenti sul campo.

Esattamente. Negli esperimenti che ho fatto, ho coltivato il mio terreno con il metodo biodinamico e quello del mio vicino ha continuato ad essere coltivato con il metodo convenzionale. Le due parti sono divise solo da una strada sterrata e, per lo meno a giudicare da quanto dicono i miei vicini, i miei cachi sono più belli, più grossi e più sani di quelli  trattati con i metodi dell’agricoltura convenzionale. A mio avviso questo è già un buon risultato: non usando veleni ho ottenuto un raccolto abbondantissimo, senza insetti molesti, e inoltre il periodo di conservazione è più lungo. I miei cachi si sono conservati ben cinque mesi.

È una tecnica valida solo per i kaki?

Tutt’altro. Ho in programma di espandere questo tipo di agricoltura anche ad altri tipi di frutta, sia quella che tende ad essere più resistente, sia a quella più debole. E molto presto cominceremo anche a vedere i risultati su cereali e orticole, in modo da poter davvero dimostrare che il sistema funziona.

In Italia questo settore è ancora agli esordi o già vi sono delle esperienze rilevanti?

Esistono diverse aziende agricole biodinamiche che operano già in diverse regioni italiane. Da questo punto di vista io sono l’ultima arrivata, solo che nessuno prima aveva fatto l’esperimento con i kaki.

Pensa che una regione come la Sicilia potrebbe far sua questa tecnica?

La Sicilia potrebbe accogliere la biodinamica senza alcun tipo di problema. Basti tener presente che una delle capostipiti dell’insegnamento dell’agricoltura biodinamica produce orticole senza irrigare, per cui anche dal punto di vista idrico non ci sarebbero ostacoli.

Nella presentazione del progetto parla di questioni davvero curiose, come il fatto che l’acqua abbia una memoria. Di che si tratta?

In base alle teorie di Masaru Emoto (scienziato giapponese), sembra che l’acqua abbia la possibilità di recepire messaggi. Potrebbe sembrare bizzarro, ma anche qui non vi sono concetti del tutto nuovi; è infatti alla base dell’omeopatia. In sostanza Emoto si è accorto che cristalli di ghiaccio con acqua “informata” cambiavano forma. E allora ho provato a inserire anch’ io i miei messaggi nell’acqua che poi ho spruzzato sulle piante. Non avevo nulla da rischiare, al massimo non sarebbe successo assolutamente niente. Ma in effetti qualcosa è successo. Quando amici ed estranei, totalmente ignari dell’esperimento, passeggiavano in mezzo al frutteto cominciavano a dire “ah ma come si sta bene qui!” “ah ma com’è bello!” ed io stuzzicandoli un po’ cercavo di capire per quale motivo sentissero tutto quel benessere. In fondo è un normalissimo frutteto, nulla di speciale. Penso che la risposta derivi proprio dai messaggi che avevo dato all’acqua con la quale ho irrigato le mie piante.

Ma come avviene questo inserimento di informazioni?

Le informazioni vengono inserite durante il processo di dinamizzazione dell’acqua. La biodinamica prevede appunto la dinamizzazione dei principi attivi che vengono usati sulle piante. Sono dei preparati che prima di essere spruzzati vengono appunto dinamizzati, cioè diluiti in acqua in quantità infinitesimali e poi agitati per un’ora in un modo molto particolare che a noi viene insegnato proprio nella scuola di biodinamica. Dopodiché l’acqua viene irrorata sulle piante. La dinamizzazione può avvenire a macchina o, come nel mio caso, a mano.

Cosa direbbe a coloro i quali criticherebbero il suo esperimento di scarsa valenza scientifica?

Io credo che il metodo scientifico consiste nella ripetibilità, e dunque io ripeto l’esperimento per vedere se il metodo funziona. E finora funziona. Se non si provasse non si arriverebbe a nulla. Da agronoma formatami con i metodi tradizionali ho dovuto arrendermi all’evidenza: questo metodo funziona. Sono i fatti che parlano. Mi rendo conto che è qualcosa difficile a credersi, ma il mio obiettivo è verificare se funziona, senza pregiudizi, perché il pregiudizio ammazza la scienza.

Quindi, in sostanza ci sta dicendo che è assolutamente possibile, se non conveniente, fare agricoltura senza utilizzare nessun tipo di veleno.

Guardi, io sto verificando che è possibile; per affermare che sia conveniente bisognerebbe sentire le aziende agricole più grandi di me, che già coltivano cereali con questo sistema. Io posso dire che per la salute è conveniente. Su questo nessuno, credo, possa smentirmi. Per lo meno si risparmia in medicine, ecco.

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